mercoledì 22 aprile 2015

Storia della moda nel XX secolo. Lezione 05. GLI SPENSIERATI ANNI '20

Dopo il grigiore della guerra, le conquiste tecnologiche come l’automobile, gli elettrodomestici, il telefono e la radio resero la vita più semplice e più piacevole, rafforzando l’illusione di un futuro migliore.
Il culto della giovinezza fu un’invenzione degli anni venti, chi voleva mettersi alla pari con i tempi doveva essere attivo e impulsivo; il simbolo di quegli anni è una donna androgina che ama fare tutto ciò che è scandaloso e proibito, la garçonne degli anni’20.
A queste figure androgine mancavano le tipiche caratteristiche femminili. Ma non si potevano trasformare tutte le matrone di ieri in maschiette di oggi; nel quadro che c’è giunto di questo periodo, anche l’età ha subito censure, come l’inflazione, la fame, la disoccupazione e le turbolenze politiche. Si è tramandato solo lo splendore di una giovinezza privilegiata che seppe trasformare la breve parentesi di fecondità culturale ed economica in un eterno party.
La silouette che noi associamo a questi anni è una semplice canottiera sostenuta da due spalline. Per la prima volta nella storia della moda l’abito da sera fu corto tanto quanto quello da giorno. Si utilizzavano soprattutto stoffe trasparenti, guarnite nei punti strategici di perline di vetro o frange di seta e le gambe si infilavano in calze chiare che sembravano una seconda pelle, solo più bella. Le scollature arrivavano, sia davanti che dietro, quasi fino alla vita e senza nulla sotto. L’intimo era un completo di cotone color crema composto da fascia riducente per il seno e corsetto con spalline regolabili, reggicalze e sottogonna in crêpe-de-Chine guarnita di pizzo.
Le calze, le camicette e gli abiti da giorno, venivano confezionati in seta artificiale, a buon mercato ma soprattutto lavabile, rendendo la vita più facile a che sceglieva questo materiale. Le “giovani monelle” potevano così trascorrere le notti ballando spensierate , dato che il loro abbigliamento da sera non pesava praticamente nulla; la liberazione da abiti carichi e voluminosi deve aver notevolmente contribuito all’emancipazione femminile.
Dato che il vestito era ridotto a un nulla, il cappotto doveva di conseguenza essere tanto corposo da riparare totalmente dal freddo. Veniva drappeggiato intorno al corpo come un pesante kimono e chi aveva classe lo teneva chiuso con una mano, altrimenti questa funzione veniva svolta da un solo grosso bottone. Dovevano essere di pelliccia a pelo lungo almeno il grande collo e gli ampi polsi.
Per quanto riguarda gli accessori, importava molto di più l’effetto choc che potevano provocare del loro effettivo valore. Il chilometrico bocchino, ritenuto molto provocante, era più ambito del lungo filo di perle. Agli accessori appartenevano anche boa e ventaglio con piume di struzzo colorato.
I copricapo, piccoli e aderenti, divennero sempre più di moda.
La pettinatura era corta alla maschietta, le labbra rosse e gli occhi contornati di nero.
Le scarpe erano pensate espressamente per il ballo: non dovevano essere troppo scollate per non rischiare di perderle ballando il charleston e si fissavano saldamente abbottonando un cinturino all’altezza del collo del piede. Il tacco era di media altezza, arcuato e molto stabile.
Il massimo dell’eleganza e della stravaganza consisteva nel farsi confezionare le scarpe con la stessa stoffa dell’abito indossato.
La gonna corta e diritta rimase in voga solo per poche estati. Poi le si aggiunsero cocche, sciarpe fluenti e strascichi che dovevano simulare una certa lunghezza e di conseguenza maggiore eleganza. Chi non voleva o non poteva essere una ragazza monella e fanatica del ballo, aveva continuato a indossare abiti più lunghi.
Mentre l’abbigliamento da sera risentiva della mania del ballo, quello da giorno venne influenzato soprattutto dallo sport. Le gonne rimanevano al ginocchio, leggermente svasate o a pieghe, in tessuti di lana leggera o cotone, e in jersey. Iniziarono ad andare di moda i primi pullover portati come capo da giorno.
Verso la fine del decennio la vita tornò a essere segnata nel suo punto naturale e le gonne si riallungarono: si preannunciavano tempi più duri. Con il Venerdì nero, il crollo della borsa del 25 ottobre 1929, finiva la breve stagione dei ruggenti anni ’20: il denaro perse di colpo valore, i poveri si impoverirono di più e molti ricchi persero nell’arco di poche ore tutte le loro sostanze.







lunedì 20 aprile 2015

Storia della moda nel XX secolo. Lezione 04. LA PRIMA GUERRA MONDIALE

La guerra dispensò le donne dall’occuparsi di moda e le obbligò a divise da lavoro, uniformi e abiti a lutto.
Le signore della buona società, vedove di guerra, cercarono durante il conflitto di creare uno stile anche per l’abbigliamento a lutto; riviste di moda fornivano modelli per l’abbigliamento più adeguato, sempre castigato, sempre nero, mai attillato, con cappelli spesso abbinati ad un velo scuro.
Mentre gli uomini erano al fronte le donne dovettero sostituirli in molti dei loro lavori; si diedero all’agricoltura e all’edilizia, trovarono impiego nelle fabbriche di munizioni e simili, come controllori e conducenti dei mezzi pubblici e perfino con ruoli di livello dirigenziale in alcune imprese. Svolsero anche servizi di tipo militare, alcune addirittura in prima linea e non soltanto come infermiere. Fù così che le donne si abituarono ad indossare le uniformi.
Lo stile militare, essenziale e privo di fronzoli, fece presto breccia nella moda. Erano soprattutto i cappotti a ispirarsi alle uniformi, ora ricoprivano completamente il vestito mentre prima della guerra erano notevolmente più corti delle gonne e lasciavano sempre intravedere qualcosa del bell’abito sottostante.
L’intero abbigliamento divenne funzionale: la gonna stretta lasciò spazio alla longuette a pieghe, i cappelli divennero più piccoli e senza fronzoli. L’elemento lezioso venne più o meno bandito, le lavoratrici constatarono che le uniformi e gli abiti da lavoro erano pratici e avevano anche un certo fascino, facevano apparire le donne serie e competenti.
Anche i pantaloni diventarono un’abitudine; vestite diversamente le donne non avrebbero potuto svolgere le loro nuove mansioni. Tuttavia molti si accorsero che i pantaloni potevano essere persino chic. Le donne furono conquistate soprattutto dal fascino della tuta (overall) che ricordava l’uniforme dei tanto ammirati aviatori.
Quello che si cercava nel lavoro era però ancora malvisto nelle occasioni mondane; il trionfo dei pantaloni marciava comunque a rilento, come l’emancipazione.
Molte case di moda come quella di Poiret ( vedi lezione precedente) e di Vionnet, chiusero durante il conflitto e l’unica sopravvissuta di guerra può essere considerata Chanel, i cui fonzionali completi in Jersey resistettero alla crisi, grazie alle linee morbide e al materiale cedevole che permetteva maggiore libertà di movimento.
Per la prima volta la moda tedesca dovette cavarsela senza Parigi e non andò tanto male. I sarti e gli stilisti berlinesi acquisirono maggiore consapevolezza e considerazione di se stessi fino a formare nel 1916 la Associazione dell’industria sartoriale tedesca con lo scopo di fare concorrenza a Parigi, indiscussa capitale della moda.

venerdì 10 aprile 2015

Storia della moda nel XX secolo. Lezione 03. MADELEINE VIONNET






Madeleine Vionnet è l’inventrice del taglio diagonale e dei drappeggi artistici che fino a oggi nessuno è riuscito a superare; dev’essere stato l’amore per la matematica a renderla capace di sviluppare da semplici forme base come il triangolo e il quadrato, i tagli più raffinati.
Studiava il corpo femminile con la meticolosità di un medico, come un chirurgo iniziò a creare artistiche cuciture che permettessero all’abito di seguire la figura; era un’idea rivoluzionaria perché fino ad allora era stato l’esatto contrario: era il corpo a doversi adattare alla moda del momento.
Per raggiungere il suo scopo lavorava come uno scultore, modellando le sue creazioni su una bambola di legno invece di disegnarle; ciò le permise di sperimentare i tessuti drappeggiandoli intorno al corpo e vedendo come si adattavano al meglio sulle rotondità.
Il secondo ingrediente importante nel lavoro di Vionnet era il tessuto. Solo stoffe morbidissime erano in grado di adattarsi ai movimenti del corpo, perciò lei impiegava esclusiavamente crepe di seta, mussolina, velluto e satin; per poter tagliare obliquamente i modelli si faceva produrre i tessuti in altezze extra di 2m. Il suo fornitore Bianchini-Ferier creò persino un materiale appostaq per lei: crepe Rosalba in seta ed acetato, una delle prime stoffe artificiali.
I colori le interessavano meno, le bastavano i bianchi in tutte le loro sfumature. Come ornamenti scelse ricami, rose e nodi stilizzati, i quali non avevano solo una funzione decorativa ma raccoglievano la stoffa in un punto strategico rendendo superflua qualsiasi cucitura.

Testo tratto da: Moda, il secolo degli stilisti, 1900-1999, scritto da Charlotte Seeling, edizioni Konemann